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La Gestione del Patrimonio Faunistico

Gestire l'ambiente è gestire la fauna

Alcune riserve di caccia hanno scelto la via della estrema qualità, sia in relazione ai servizi forniti agli amici cacciatori sia in relazione alla cura dell'ambiente che in questi territori si traduce inequivocabilmente nella capacità di produrre ambiente ed in second'ordine fauna selvatica.

La buona presenza di popolazioni stabili di fauna selvatica, prescinde sempre dalla cura che si mette nella gestione dell'ambiente e su questo primo punto le riserve che scelgono questa strada si adoperano per realizzarlo e gestirlo cosi da poter creare situazioni di buon rifugio, ottimo supporto alimentare in tutti i periodi dell'anno e presenza di punti di abbeverata. Questi tre elementi se opportunamente combinati forniscono la garanzia del successo di una riserva di caccia in termini di produzione ed attrazione di fauna selvatica.
Considerando che una riserva di caccia, notoriamente consente l'abbattimento delle specie selvatiche che rientrano nei calendari venatori regionali a queste appartengono la piccola selvaggina stanziale, la grande selvaggina stanziale (ungulati) e l'avifauna migratoria.

Naturalmente la tipologia dell'ambiente definisce anche la vocazione faunistica dello stesso. Quelle che insistono sulle aree umide quali valli venete, sono naturalmente molto vocate per le anatre selvatiche, mentre quelle appenniniche raramente lo sono.
Il territorio identifica quindi in modo netto la presenza della fauna e la sua tipologia.
Per la piccola fauna stanziale, l'assetto ottimale del territorio si realizza attraverso piccoli boschetti, cespugliati, alberature, colture a perdere alternate alle coltivazioni tipiche dei luoghi, anche arboree ed arbustive, quali oliveti e vigneti. La fauna immessa proveniente da allevamenti selezionati viene liberata con largo anticipo rispetto all'apertura della stagione venatoria che generalmente in queste riserve inizia con un po' di ritardo, per dare modo alla stessa di installarsi decisamente sul territorio e raggiungere quel giusto livello di selvaticità in grado di rendere la cattura venatoria per nulla agevole.
Quando trattasi di ospitare una buona presenza di fauna ungulata la cura del territorio verte su un buona presenza di boschi ben curati alternati ad ampie radure ove le specie (caprioli, cervi, daini, cinghiali) trovano il giusto livello in termini di supporto alimentare. Ambienti cosi curati attraggono i selvatici anche da aree limitrofe alla riserva di caccia ove pian piano la consistenza delle popolazioni si riduce per il prelievo venatorio.

Anche l'attrazione verso la fauna migratoria è decisamente deputata alla gestione ambientale ed in particolare agraria, se sussiste la possibilità di lasciare per molto tempo le stoppie in piedi, se esistono buone dotazioni di oliveti e/o vigneti o se il territorio della riserva presenta aree boschive non troppo secche che possono essere gradite a beccaccia e/o colombaccio.

La certezza è che il territorio di una riserva di caccia non può essere lasciato a se stesso ma deve essere gestito per aumentare le potenzialità di accoglimento della fauna. Ciò comporta una sostanziosa quantità di lavoro e di anticipazioni che la riserva di caccia sostiene a beneficio dei cacciatori che la frequentano. Al fine di contenere i costi di organizzazione della caccia i concessionari della riserva di caccia posso cedere sotto la forma di quote stagionali il diritto di caccia a chi ne faccia richiesta. 

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